UN FINESETTIMANA A ZAGABRIA
Agnese AndreucciZagabria è la città dove vivo e lavoro da poco più di un anno per l’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati. Ricordo che, quando la vidi per la prima volta, in transito verso l’Italia, era pieno inverno. Ci ero arrivata dopo varie ore di viaggio in bus da un piccolo paese della Bosnia Erzegovina dove lavoravo, sempre per l’UNHCR, sulle problematiche di chi, volendo ritornare alla propria casa dopo una lunga assenza dovuta alla guerra, deve fare i conti con una realtà ben diversa da quella lasciata anni prima. Nonostante il clima fosse poco clemente, Zagabria, appariva invitante, desideravo percorrere le sue strade. Sicuramente mi allettava il contrasto con quel lungo – e a volte duro - soggiorno in Bosnia.
Adesso abito in questa città e ho imparato a concedermi il tempo necessario a scoprirla, a superare il senso di routine che inevitabilmente accompagna un soggiorno per motivi di lavoro. Le dimensioni di Zagabria – o almeno di quella sua parte che possa suscitare interesse in uno straniero – consentono di misurarla coi passi. È piacevole decidere di uscire di casa il sabato mattina, percorrere lo stretto necessario di Ilica, cioè della lunga strada che attraversa Zagabria da est ad ovest passando per il suo centro storico, e dirigersi a Britanski Trg (una delle principali piazze cittadine che al sabato ospita un mercato di frutta e verdura, sostituito, alla domenica, dal mercatino delle pulci), virare immediatamente a destra, verso le strade in salita fiancheggiate da case dalla eleganza decadente, arrampicarsi quasi fino alla fine di esse, ridiscendere in pianura attraverso il bosco di Tuškanac che lambisce le case del centro, e poi riprendere a salire verso la citta’ alta (Gornji grad), su su fino alla chiesa gotica di Sveti Marko col tetto ricoperto da tegole smaltate multicolori. E’ bello passeggiare lungo le vie di Gornji Grad e godere della vista di vecchie case coperte d’edera, rilassarsi nella calma atmosfera che le circonda, e magari sedersi a riposare nel cortile interno dell’Atelijer Meštrovic, popolato dalle sculture dell’artista. Le giornate di sole donano una particolare grazia a questa parte della città dove viene naturale rallentare il passo per adattarsi a ritmi più antichi.
Ogni fine-settimana si può fare la spesa nella città bassa (Donji grad) al mercato Dolac Queste bancarelle rappresentano la sintesi invitante delle componenti mitteleuropea e mediterranea che caratterizzano la Croazia: frutta e verdura di stagione, pesce freschissimo, formaggi saporiti, pane di mille tipi, incluso quello casereccio al mais preparato dalle contadine di Zagorje e venduto ancora fumante a chi avesse voglia di uno snack d’altri tempi. Dolac è anche il posto delle piante, dei fiori e delle composizioni floreali; non manca mai un omaggio alla variegata e generosa natura croata grazie alla presenza delle bacche rosse del šipak (la rosa canina con cui si prepara anche il relativo infuso), di piccole e lucenti mele selvatiche, spighe di grano, erica e quant’altro sia a disposizione dell’artigiano secondo la stagione. E cosi, carichi di spesa (o semplicemente dei profumi e dei colori che il mercato offre) ci si può concedere un’altra sosta in città, questa volta in uno dei numerosi caffè che si trovano lungo la Tkalčićeva, una delle strade più antiche, dove un tempo scorreva un torrente, non lontano da Dolac. È qui che, soprattutto durante la bella stagione, quando centinaia di persone hanno avuto la stessa idea, si può sentire l’effervescenza di una città dalla tempra fortemente mitteleuropea come Zagabria. Dopo l’aperitivo ci si può fermare a pranzare da Kerempuh, un ristorante che si affaccia su Dolac, da cui il proprietario trae gli ingredienti per la preparazione delle specialità della casa. Kerempuh è il nome del vagabondo e saltimbanco simbolo dell’umorismo sarcastico dei croati; naturalmente, uno dei teatri cittadini porta lo stesso nome.
Altro piacere domenicale è l’appuntamento con gli amici nella piazza principale (Ban Jelačić Trg). Di lì ci si può dirigere, questa volta percorrendo le stube, ossia le scalinate della città alta, verso piazza S. Caterina (Katarinin trg) e visitare una mostra di fotografia o di pittura nello spazio mostre di Klovićevi Dvor. Terminata la visita, e se il pranzo domenicale non è stato troppo abbondante, si può cedere alla tentazione dei gustosissimi dolci di Ivica e Marica (personaggi caratteristici delle fiabe croate), una pasticceria creata su misura per i bambini (e non solo!) che si trova su Tkalčićeva. Se ci si va in autunno, bisogna assolutamente provare il kesten pire (dolce di castagne).
Nella citta’ bassa (Donji grad) si possono trascorrere ore a passeggiare a naso in su scoprendo la varieta’ dei fregi, decorazioni e bassorilievi degli edifici, molti dei quali in stile neoclassico e « Secessione ». I cortili all’interno dei palazzi che si affacciano su Ilica e sulle altre vie del centro, riservano poi curiose ed eleganti balconate in legno o in pietra.
Zagabria è per me tante altre cose, come il grande parco Maksimir, appena fuori città, oppure il bel “parco-viale-piazza-giardino” che si stende tra la stazione ferroviaria centrale (Glavni kolodvor) e le strade a ridosso di Ban Jelačić Trg; il Novinarski Dom (la Casa dei Giornalisti) con la particolare sala ovale, l’auditorium musicale Lisinski, i concerti, e i vari teatri del centro, il Kino Evropa (Cinema Europa, con la sua aria retro e perciò così diverso dalle caotiche multisale all’interno dei moderni centri commerciali che pure esistono in città). Zagabria è anche la casa di Ljiljana su Pantovčak, le cui finestre si aprono su paesaggi così verdi e riposanti che penseresti di trovarti a decine di chilometri dalla città; l’attico dove vivono Iain e di Zeljko, nella piazza del Teatro Nazionale, con le guglie della Cattedrale riflesse dallo specchio del bagno (“… per farsi la barba al mattino guardandosi in cartolina!”); la “terrazza delle feste” di Biba, aperta verso il monte Sljeme, l’originale soffitta di Vesna col giardino pensile, la deliziosa cucina dalmata di Lada che, d’inverno, fa sentire l’estate meno lontana e, d’estate, meno opprimente l’afa continentale; i cani portati in passeggiata al parco (mai visti tanti cani in città come a Zagabria), i suonatori di organetto in piazza, le panetterie sempre aperte, le serate estive sul lago Jarun, la scontrosità degli abitanti che si scioglie in un sorriso non appena si accorgono del proprio sforzo ad esprimerti in lingua croata, il freddo pungente e il « vino cotto », il « dupla kava s mljekom » (caffe’ doppio al latte) che è meglio ordinare al posto del cappuccino locale se si sente nostalgia dell’Italia …